La Puta, el valiente  y la hija de un desaparecido ( recensione “i vent’anni di Luz” di Elsa Osorio)

Da un mese a questa parte sto cominciando il progetto che dovrebbe portarmi a scrivere il mio primo vero romanzo entro la fine di quest’anno. La scaletta è bella e sistemata, la costruzione dei personaggi anche, mi manca solo capire come trasmettere “l’aria che si respirava all’epoca”.

Il mio romanzo sarà ambientato durante gli orribili anni della dittatura Argentina (1976-1983). Un progetto ambizioso, forse troppo ambizioso per uno scrittore alle prime armi come penso di essere, però un qualcosa che devo e voglio fare. Lo so’ perfettamente che anche se uscirà un capolavoro, sarà letto da quattro gatti e non sarà di certo pubblicato da nessuna grande casa editrice, però non voglio fare il solito raccontino “leggero” sul “viaggiare rende liberi” oppure sul “amo questa ragazza ma non mi ama, come faccio a riconquistarla”. Voglio dare l’importanza che merita alla scrittura e al mio paese scrivendo un racconto serio, profondo in cui non tralascio niente e faccio vedere tutto. Tutta la disperazione, tutto l’orrore, tutto lo schifo che era la dittatura.

Per riuscire a compiere quest’impresa, oltre a informarmi molto con articoli, film e libri, ho pensato anche di leggere qualche romanzo ambientato in quell’epoca. Sfogliando Amazon mi sono imbattuto in i vent’annidi Luz di Elsa Osorio, scrittrice argentina.

Copertina del romanzo – immagine presa dal web

Premetto subito che questo romanzo, per quanto abbia trovate geniali, mi ha lasciato con l’amaro in bocca.

La storia è divisa in tre capitoli che corrispondono a periodi temporali 1976 / 1983 e 1998. Il più interessante, per me e per lo studio “dell’aria che si respirava” è stato il primo capitolo.

La prima trovata geniale del romanzo è che ogni periodo temporale ha un protagonista. La seconda trovata è l’uso della prima persona per il primo e il terzo capitolo e della seconda persona per il secondo capitolo. L’uso della seconda persona è molto efficace perché ti chiama in causa come lettore e l’immedesimazione è molto superiore rispetto a una normale terza persona o a una prima. L’unico problema è che stanca, fare tutto il romanzo così potrebbe essere molto disorientante, però un capitolo di poco più di un centinaio di pagine è perfetto. Dopo aver letto questo capitolo, ho sperimentato subito il suo utilizzo scrivendo un racconto breve (lo trovate al seguente link).

C’è anche da dire che i personaggi protagonisti di ogni capitolo, appaiono anche negli altri, creando una continuazione della storia ma concentrando il focus sempre da un punto di vista diverso.

La sinossi della storia è: Luz, una ragazza di vent’anni, sposata e con un bambino di un anno, va in Spagna a conoscere suo padre Carlos. Lei è figlia di desaparecidos ed è riuscita, dopo anni di ricerche, a trovare il suo padre biologico. Si siedono a un caffè e lei gli racconta la sua vita e come l’ha trovato.

Il primo capitolo è incentrato sulla figura di Mirian Lopez. Una ex-modella che è finita a fare la prostituta e nel suo lavoro è stata costretta ad abortire più volte, cosa che le impedisce di avere figli. Miriam è oggettivamente un bel personaggio, un personaggio che cresce durante tutto il romanzo, matura e apre gli occhi. Un personaggio che ha vissuto le pene dell’inferno ed è stata costretta ad “arrangiarsi” per sopravvivere. Forse un po’ troppo logorroico verso la fine, il che lo rende antipatico, però per il primo e il secondo capitolo, è scritto bene. Lei ha un compagno, detto il Bestia, un carceriere che è un collegamento essenziale per agganciare la donna a Luz, che nel 1976 nasce.

Il secondo capitolo è incentrato sulla figura di Edoardo Iturbe, il padre adottivo di Luz. Questo capitolo è, a mio parere, quello costruito meglio per scorrevolezza e colpi di scena. La ricerca di Eduardo che non conosce la vera natura di Luz (lui non sa che si tratti di una figlia di desaparecidos) è molto avvincente e la scrittura in seconda persona rende il tutto più dinamico. Edoardo è un bel personaggio, tormentato e sottomesso all’inizio ma che si fa coraggio e piano piano trova la forza che non ha per una bambina che ama come fosse veramente sangue del suo sangue.

L’ultimo capitolo è incentrato sulla figura di Luz. Questo capitolo percorre l’età dai 16 ai 21 anni di Luz. La sua scoperta di non essere figlia dei suoi genitori e la sua ricerca dei genitori biologici che la porterà a incontrarsi con Miriam Lopez e a scoprire la verità. Questo capitolo è quello più giovane, più fresco. Innocente all’inizio che piano piano si incupisce e rivela tutte le sue carte alla fine.

Nota di merito va anche alla costruzione della madre adottiva di Luz, Mariana. Perfetto riassunto della società borghese argentina che venderebbe anche i suoi figli per salvare le apparenze.

Ora però passiamo a quelli che personalmente reputo dati dolenti.

Il fatto che noi conosciamo subito l’origine biologica di Luz ci mette in una posizione di vantaggio rispetto ai protagonisti e toglie molto pathos soprattutto nel secondo e terzo capitolo, quando prima Edoardo e poi Luz stessa, cercano di scoprire la verità. Un’altra cosa che non mi è piaciuta è il poco approfondimento della società, dell’ambiente argentino durante il 1976-1983. Non ho sentito “l’aria che si respirava” non ho sentito niente quel senso del “si sapeva e non si sapeva”, non completamente almeno. È stato furbo da parte della scrittrice, usare il punto di vista di Miriam, che nel periodo del racconto vive in casa e fa la casalinga, però avrei voluto, anche solo per pochi capitoli, spostare il focus sul carnefice perché è stata troppo buona a mio modo di vedere. Ha citato le torture, i problemi, la paura costante, ma non tutto lo schifo, tutta la vergona, tutta la violenza di quel periodo. Non ha premuto con l’acceleratore ma si è limitata solo mantenersi sui duemila giri forse per scelta artistica, forse per non rendere il contenuto troppo forte.

Immagini dei desaparecidos – Immagine presa dal web

Però bisognerebbe parlare, bisognerebbe non limitarsi soprattutto quando si parla di storia vera. Bisognerebbe parlare del “grupo de tareas” che arrivava in pieno giorno con macchine nere e senza targa, e sequestravano giovani e anziani; bisognerebbe parlare delle torture fatte con le scariche elettriche sui genitali, delle pinze per strappare le unghie, dei soffocamenti, delle torture psicologiche, degli stupri e soprattutto de los vuelos de la muerte.

Constante è un bel romanzo, non posso dire il contrario. Lo consiglio come lettura perché comunque sia rivela una parte di storia che è poco conosciuta in questo paese e che non dovrebbe mai essere dimenticata.

Di seguito riporto il link Amazon da cui potrete comprare il romanzo: “I vent’anni di Luz di Elsa Osorio”.

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