Il sole rosso filtrava dalla persiana della finestra svegliando Marco che dormiva nudo a pancia in su. Aveva caldo, molto caldo. Ancora con la bava alla bocca, gocce di salva cadevano come lacrime sul pavimento creando una pozzanghera pastosa e trasparente. Si svegliò girandosi di spalle e cadendo sopra la pozzanghera. Il colpo con il pavimento nero fu atroce e rimbalzo fin dentro la sua testa. Si alzò in piedi, la sua pelle rossastra lo disgustava. Guardava quella sua mano scheletrica pensando “se io non riesco ad accettarmi, come potrà mai farlo Marta?”
Si avvicinò alla persiana e con l’indice e il mignolo la schiacciò in basso per vedere il panorama deserto. Sassi rossi e immensa solitudine. Si girò verso il suo calendario. Oggi era il giorno. Tra dieci ore una navicella lo riporterà a casa.
Un sono bianco risuonò nella sua stanza e tutti le luci si accesero. La persiana si alzò dando solo il tempo a Marco di spostare le dita, e rivelò il pianeta rosso. La porta della sua stanza si aprì sparendo sul pavimento. All’inizio tutta quella luce l’avrebbe accecato, ma ormai i suoi occhi si erano rimpiccioliti a tal punto che i grandi cambiamenti luminosi non lo infastidivano più. Piuttosto lo infastidiva la colazione. Camminò per il corridoio indaco fino alla sala Madre. Anita era ad aspettarlo con un sorriso stampato in faccia. Le sue labbra a morso di delfino erano stupende e le fossette che creava quando sorrideva molto realistiche.

«Buongiorno, Marco, dormito bene oggi?»
Marco si sedé senza rispondere e cominciò a guardare con rassegnazione la barretta proteica che conteneva le 500 Kcal necessarie per arrivare a mezzogiorno.
«Buongiorno, Marco, dormito bene oggi?» Ripeté Anita
Marco sopirò, rassegnato. Un sospirò artificiale e pesante, dato da quell’ossigeno riciclato che ormai respirava e ri-respirava da mesi e mesi. Poi disse:
«Dobbiamo farlo ogni giorno?»
«Desidera un’altra frase del buongiorno?»
«Desidero solo stare in silenzio»
«Mi dispiace, ma la gestione del silenzio non è implementata nella routine quotidiana.
Disse, sorridendo ancora ma con una nota di forzatura. Le narici del suo bel naso ad arco corto si allargarono e i suoi occhi bruni a mandorla la tradirono socchiudendosi e dando risalto alle sopracciglia spesse che le davano un non so’ ché di sexy e terrificante allo stesso tempo
«Cosa c’è da fare oggi?»
Disse l’uomo per mettere fine alla conversazione.
Anita si alzò in piedi. Un metro e sessantanove di curve ne troppo vistose, ne troppo anonime. Camminava volteggiando i suoi lunghi capelli bruni in modo involontariamente succinto. Peccato fosse solo un androide, pensò Marco. Il robot si avvicino alla grande lavagna di fronte al tavolo da colazione e con un tocco della mano, fece comparire la mappa della zona 256.
«Marco, alle 18.00 in punto la navicella Pegasus atterrerà e tu verrai sostituito dall’astronauta Patrice Means, codice matricola 1561. Hai ancora 9 ore 52 minuti e 25 secondi di permanenza sul pianeta Marte. Tra 2 minuti finirai la colazione. Poi dovrai andare sul settore che vedi in grafico. Le analisi geotermiche indicando un’anomala attività sotterranea. Probabilmente una riserva d’acqua ghiacciata.»
«Quando ci vorrà per arrivare alla zona?»
«Un’ora di cammino.»
«Abbiamo abbastanza ossigeno?»
«Tu devi fare solo un sopralluogo. Bisogna capire se veramente c’è acqua in questa zona. Una volta appurato ciò, ritornerai alla base. Sarà il suo collega a eseguire l’estrazione.»
«C’è abbastanza ossigeno?» Ripeté Marco, alzando la voce.
«Sì.»
«Non voglio finire come Paul.»
«Quello è stato un errore di valutazione. Ora conosco il territorio e sono stato aggiornato. Non ti preoccupare» Disse sorridendo. Il labbro inferiore però tremava, era infastidita dalla domanda